Lo svezzamento è una delle tappe più importanti della prima fase della vita dei mammiferi. A differenza degli animali, tra gli esseri umani sembra regnare grande confusione in merito. Così molti genitori – pur nell’intento di assicurare il meglio ai propri figli – finiscono spesso per compiere delle scelte innaturali che si ripercuotono sulla salute alimentare dei propri piccoli. Ma cos’è lo svezzamento? Quando e come dovrebbe iniziare? Meglio quello “classico” o quello “naturale”?
Svezzamento e divezzamento, una differenza sostanziale
Al contrario di ciò che si è soliti pensare, con il termine “svezzamento” non si intende semplicemente l’introduzione dei cibi solidi nell’alimentazione del bebè, quanto piuttosto la fine dell’allattamento al seno. È necessario smettere di allattare quando si comincia a diversificare l’alimentazione del bambino?
Il termine corretto per indicare l’introduzione di cibi diversi dal latte di mamma è, invece, “divezzamento”. E questo non obbliga in alcun modo il genitore a interrompere l’allattamento, anzi sarebbe persino poco opportuno farlo.
Divezzamento: quando iniziare
Attraverso il latte materno – e prima ancora, durante la gravidanza, attraverso il liquido amniotico – i bimbi iniziano a prendere confidenza con i sapori dei cibi della tavola di casa. Ma questo non significa che siano pronti a mangiarli.
Il momento giusto per iniziare il divezzamento arriva quando il piccolo, intorno al sesto mese di vita, mostra interesse per le pietanze casalinghe, quando gira già la testa in tutte le direzioni, riesce a stare seduto da solo (tappa che molti bebè raggiungono spesso dopo i 6/7 mesi) o in braccio a un genitore e a portare autonomamente il cibo verso la sua bocca.
In questa fase non ha ancora completato la dentizione (e potrebbe anche non averla nemmeno iniziata), ma ha le gengive dure per masticare. E possiede già il riflesso di vomito che gli insegna a gestire i pezzi di cibo in bocca e che lo aiuta a sputare un bolo troppo grande per essere ingerito senza rischi.
Alimentazione naturale, il vero approccio “classico”
Capita sempre più spesso di sentire le neomamme discutere tra loro a proposito della scelta migliore da intraprendere, magari dopo l’ultima visita dal pediatra. “Svezzamento classico o naturale?”, si chiedono.
Questo perché, dall’avvento dell’industrializzazione, il babyfood è entrato nelle nostre case finendo per sostituirsi al cibo comune che da sempre è stato destinato ai bambini. Le bisnonne, infatti, hanno sempre preparato in casa le pietanze per tutte la famiglia, avendo magari l’accortezza di tagliare in pezzi più piccoli tutti quegli alimenti che richiedono maggiori capacità di masticazione. E fanno lo stesso tutti gli altri mammiferi.
Il vero approccio dello “svezzamento classico”, dunque, non può essere rappresentato dall’uso di omogenizzati conservati in vasetto per diversi mesi (o anni!), quanto piuttosto da ciò che naturalmente l’essere umano ha proposto alla prole sin dalla sua comparsa sulla Terra.
L’alimentazione indipendente per adulti consapevoli
Scoprire e assaporare il cibo significa entrare in contatto con la sua forma, i suoi colori, il suo odore e il suo gusto. Questo vale per gli adulti, svezzati da molti anni, e ancor più per i più piccoli che, per la prima volta, si trovano davanti a uno dei maggiori piaceri della vita e che mostrano stupore e meraviglia di fronte alle nuove scoperte.
L’istinto naturale viene talvolta frenato dalle preoccupazioni dei genitori che credono che il bambino debba necessariamente, a un’età prestabilita, ingerire una certa quantità di cibo e magari abbandonare del tutto il latte materno. Accade spesso, infatti, che gli stessi genitori – su suggerimento di pediatri, nonni e amici – propinino ai figli poltiglie poco gustose, magari imboccate al cucchiaio davanti a un cartone animato. Sarebbe opportuno evitare di rendere routine un tale atteggiamento, soprattutto se l’intenzione è quella di assicurare un equilibrio psicofisico e un’alimentazione sana e consapevole al bebè per il suo futuro: cambiare forme, colori e consistenze ai cibi, così come ingannare il senso di sazietà, sottraendo l’attenzione verso il piatto e dirottandola verso oggetti diversi, procede nella direzione esattamente opposta!
Per un approccio sano e naturale nei confronti del cibo, sarebbe bene seguire tutte le regole che normalmente dovrebbero seguire gli adulti: mettere sulla tavola una varietà di cibi poco elaborati, cotti con gusto e salati al punto giusto ( poco sale è ideale per grandi e piccini), per goderne insieme agli altri commensali. In questo modo il bebè può dare spazio alla sua curiosità e – se i genitori sono disposti a non preoccuparsi dei normali “incidenti di percorso” – toccarli, portarli alla bocca, scoprirli, sviluppando persino le capacità motorie fini e la coordinazione. Con calma, senza ansie, senza paura del giudizio, senza l’obbligo di mangiare una quantità prestabilita di pietanze o di servirsi di cucchiai e forchette, ma scoprendo il piacere dell’indipendenza.
L’abitudine di sedersi a tavola insieme e di mangiare le stesse pietanze, inoltre, può essere più comodo e più economico per mamma e papà: la preparazione dei pasti diventa più facile e veloce, si evitano gli sprechi (perché i genitori possono mangiare gli avanzi senza problemi), non si acquistano cibi industriali che costano più di quelli freschi, nonostante non possano assicurare gli stessi valori nutrizionali.
Alcune eccezioni
Esistono alcune eccezioni in cui è necessario il consulto di un professionista della salute prima di cominciare l’introduzione dei cibi solidi. L’alimentazione naturale potrebbe essere controindicata nel caso in cui il piccolo sia nato prematuro o abbia:
- il frenulo linguale breve;
- una malformazione alla bocca;
- ritardi o disturbi dello sviluppo;
- problemi di coordinazione motoria.
Cosa evitare
A prescindere dalle condizioni di salute, è bene evitare la somministrazione di:
- miele durante il primo anno di vita (a causa del rischio di botulismo infantile, una rara malattia mortale);
- chicchi d’uva o pomodorini non tagliati (per il rischio di soffocamento);
- uova, carne e pesce non cotti;
- cibi eccessivamente zuccherati o eccessivamente salati.
Pianificazione dei pasti
Se la famiglia segue un’alimentazione varia ed equilibrata, la pianificazione dei pasti del bebè diventa superflua.
L’aspetto più importante da considerare, invece, è la necessità di tenere a freno l’istinto di molti genitori di controllare le quantità del cibo ingerito dai bimbi.
Soprattutto nei primi mesi di introduzione dei cibi solidi, i bambini godono del cibo per il piacere della scoperta e del gioco e non per la necessità di nutrimento; ecco che, al contrario di ciò che comunemente si pensa, il latte di mamma (o in caso di impossibilità, quello artificiale) può essere il toccasana per spazzar via ogni preoccupazione in merito al fabbisogno nutritivo del bebè.
È scientificamente provato che i bambini possiedono un’innata capacità di comprendere quando hanno fame e quando sono sazi (basti pensare al neonato che cerca il seno autonomamente al momento giusto). Allora è importante riconoscere e rispettare i segnali di fame e sazietà dei propri figli, fidandosi di loro e fornendo loro semplicemente alimenti nutrienti, contenenti vitamine, minerali e calorie. Frutta e verdura vanno bene, ma servono anche cibi dall’alto contenuto calorico, non importa se mangiati con le dita o a morsi.
Non è necessario che ogni singolo pasto abbia tutti i nutrienti utili, quanto piuttosto assicurare la loro presenza equilibrata nell’arco della giornata e della settimana, alternando:
- carne, pesce, uova, legumi, tofu, noci e semi (soprattutto per l’assunzione di ferro, molto importante nei primi anni di vita);
- verdure;
- amido, come pane, pasta, patate, ecc.;
- prodotti lattiero-caseari, latte materno o latte artificiale;
- frutta;
- grassi “buoni” (avocado, burro di noci, olio, ecc.).
Partecipa al prossimo corso dedicato allo svezzamento per scoprire cosa e come offrire il cibo al tuo bambino.